Dal bilancio 2028-2034 l’occasione per costruire un’Europa più forte


Avviato l’iter per la definizione del Quadro finanziario 2028-2034 della Ue. Dovrà affrontare tre temi cruciali: competitività e produttività, flessibilità e fonti di finanziamento. Potrebbe essere il primo passo per rafforzare l’Unione europea.

Il Quadro finanziario pluriennale 2028-2034 della Ue

Con la comunicazione COM(2025) 46 final dell’11 febbraio 2025 la Commissione europea ha dato ufficialmente inizio al lungo percorso che porterà il Parlamento europeo ad approvare, entro gennaio 2028, il nuovo Quadro finanziario pluriennale (Qfp) 2028-2034, più noto come il bilancio a lungo termine dell’Unione europea.

Il bilancio pluriennale del ciclo 2021-2027, approvato in piena pandemia da Covid-19, aveva una dotazione straordinaria di (oltre 2mila miliardi di euro a prezzi correnti): era dovuta alle tradizionali voci – la politica di coesione e quella agricola si sono riconfermate come le due più significative – fissate complessivamente a circa 1.200 miliardi, a cui si era aggiunto, con i suoi 806 miliardi di euro, il Next Generation EU con l’obiettivo di finanziare i Piani nazionali di ripresa e resilienza degli stati membri.

Uno scenario radicalmente cambiato

La discussione sul nuovo bilancio pluriennale parte su basi molto diverse dal 2020. Innanzitutto, in termini di risorse, perché nel nuovo ciclo si dovrà cominciare a rimborsare i 357 miliardi di prestiti contratti sui mercati dei capitali dall’Ue per finanziare proprio il NgEu (la previsione è di circa 25-30 miliardi di euro l’anno dal 2028, interessi compresi, da saldare entro il 2058). Mario Draghi nel suo Rapporto sulla competitività europea ha proposto l’emissione regolare di un asset comune sicuro (specifico per ogni missione e progetto) sulla base del modello utilizzato per il NgEu, rinviando di fatto il rimborso dei 357 miliardi di prestiti. Anche se con un precedente ben consolidato, l’emissione regolare di tali asset richiederebbe tuttavia, secondo il rapporto, un insieme più forte di norme di bilancio che garantiscano che all’aumento del debito comune corrisponda un percorso più sostenibile del debito nazionale. Considerato l’importante contributo del Rapporto di Mario Draghi (e anche di quello di Enrico Letta) alla redazione della comunicazione COM(2025) 46 final della Commissione europea, è verosimile aspettarsi, dopo un necessario confronto con i paesi “frugali”, una proposta al Parlamento molto simile a quella prospettata dall’ex presidente della Banca centrale europea.

Sul dibattito inciderà verosimilmente l’attuale scenario internazionale, profondamente cambiato rispetto al passato: se nel 2020 il cigno nero della pandemia aveva richiesto una spesa straordinaria, adesso la guerra in Ucraina e la difesa comune, il costo dell’energia elevato e la politica commerciale ostile della nuova amministrazione Trump richiedono un bilancio strutturalmente più ampio di quello dei cicli pre-Covid. Già il governo spagnolo ha chiesto di confermare anche per il ciclo 2028-2034 un bilancio di 2mila miliardi di euro e di riemettere il debito in scadenza. E Francia e Italia sono pronti a sostenere l’ipotesi.

Il mutato scenario, secondo il documento della Commissione, traccia nuove sfide per l’Europa, che -se non affrontate con attenzione – rischiano di mettere in discussione la stessa Unione europea.

La sfida della competitività e produttività

La prima sfida è quella della competitività e produttività. Nel nuovo contesto geopolitico, per competere con Usa, Cina e Brics vanno superati alcuni limiti del mercato unico (barriere interne, alti prezzi energia, carenza di manodopera e difficoltà per l’accesso al capitale privato).

L’Europa è in ritardo e la sua struttura industriale è statica: negli ultimi cinquant’anni non è stata creata nessuna società Ue con una capitalizzazione di mercato superiore a 100 miliardi di euro, mentre nello stesso periodo sono nate tutte e sei le società statunitensi con una valutazione superiore a 1 trilione di euro (Apple, Microsoft, Alphabet, Amazon, Nvidia, Tesla). Il risultato è la conseguenza di limitati investimenti in ricerca e innovazione (nel 2023 fermi al 2,22 per cento del Pil Ue, ancora al di sotto dell’obiettivo minimo del 3 per cento) e di difficoltà nella raccolta dei capitali privati (i fondi privati raccolgono solo il 5 per cento del capitale di rischio globale rispetto al 52 per cento negli Stati Uniti).

Una maggiore competitività industriale è anche la premessa per una migliore difesa europea adeguata al nuovo contesto geopolitico. Come parte di una vera Unione europea della difesa, l’Europa dovrà spendere di più, spendere meglio e spendere insieme. La Commissione presenterà il Libro bianco sul futuro della difesa europea a marzo, indicando le strade per il suo finanziamento, impossibile con un bilancio pluriennale di 1.200 miliardi di euro: un recente studio dell’istituto Bruegel e del Kiel Institute for the World Economy stima infatti che, per essere autosufficiente in materia di difesa, l’Europa dovrebbe spendere tra i 125 e i 250 miliardi di euro in più all’anno.

La flessibilità del bilancio

La seconda sfida riguarda la capacità del bilancio europeo di divenire più flessibile e finalizzato al finanziamento delle politiche europee. La flessibilità è fondamentale per garantire la capacità del bilancio di rispondere a una realtà in continua evoluzione. Tuttavia, ciò non è possibile se i fondi Ue sono quasi tutti pre-programmati fin dall’inizio: oltre il 90 per cento del quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e del Next Generation EU sono preassegnati per scopi, programmi o dotazioni nazionali specifici. La guerra in Ucraina, la crisi energetica sono state affrontate riadattando e riassegnando i fondi esistenti (soprattutto della Politica di coesione), a volte con procedure lunghe, nonché creando nuovi fondi, programmi o misure ad hoc, aggravando ulteriormente il problema della dispersione dei finanziamenti Ue (ci sono ancora oltre 50 programmi di spesa nel bilancio e altri programmi al di fuori di esso). Sono necessari ulteriori sforzi per semplificare, accelerare la spesa delle risorse (siamo già in forte ritardo per l’erogazione della dotazione 2021-2027) e per realizzare un vero bilancio policy-based per garantire sinergie tra le politiche e l’azione finanziaria dell’Unione.

Come finanziare il bilancio Ue

La terza sfida riguarda il finanziamento del bilancio Ue. Un bilancio che garantisca prosperità economica e che consenta all’Ue di essere più competitiva, innovativa, sostenibile e sicura ha un costo superiore rispetto ai cicli precedenti. Su questo il documento della Commissione è chiaro. L’Europa deve far quadrare il cerchio: non può esserci un bilancio Ue adatto alle ambizioni europee e in particolare a garantire il rimborso di Next Generation EU e, allo stesso tempo, contributi finanziari nazionali stabili senza introdurre nuove risorse proprie. Bisogna fare delle scelte. Già nell’accordo interistituzionale del 16 dicembre 2020, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione avevano concordato una tabella di marcia verso l’introduzione di nuove risorse proprie, presentando nel giugno del 2023 un pacchetto completo sulla prossima generazione di risorse. Il pacchetto prevede di destinare al bilancio dell’Ue il 30 per cento dei proventi derivanti dallo scambio di quote di emissione di carbonio nell’Ue e il 75 per cento di quanto i paesi dell’Ue raccolgono nell’ambito del Cbam (Meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera) applicato ai prodotti a base di carbonio importati. Alle due nuove risorse se ne aggiunge una terza collegata agli utili (lo 0,5 per cento) delle aziende che operano nell’Ue. La Commissione, inoltre, nell’ambito della riforma della tassazione internazionale, ha anche proposto una risorsa propria basata sul pilastro 1 dell’accordo Ocse-G20, il nuovo sistema di attribuzione dei diritti di imposizione delle maggiori imprese multinazionali che realizzano utili in Ue: l’idea è quella di una imposta sulle multinazionali non inferiore al 15 per cento. Un’opzione che oggi è messa a rischio dalla ipotesi della nuova amministrazione americana di ritirarsi dall’accordo, per quanto permarrebbero i margini affinché l’Unione lo persegua anche con altre proprie iniziative gemmate dal nuovo tipo di rapporti che si definiranno tra Usa ed Ue.

La Commissione ha intenzione di presentare la proposta del nuovo quadro finanziario per il ciclo 2028-2034 entro luglio di quest’anno. Alle tre sfide sopra riportate, forse se ne aggiunge una più politica e decisiva per l’Ue: come conciliare un’Unione più ambiziosa e con precisi obiettivi politici con stati nazionali “amici di Trump”e altri “amici di Putin”? Forse il nuovo scenario internazionale costringerà i 27 Stati membri a trovare più rapidamente un accordo e un nuovo bilancio europeo, più ambizioso e policy-based, potrà rappresentare il primo passo per rafforzare l’Unione europea come modello di prosperità economica, democrazia consolidata e coesione territoriale.

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Giacomo D’Arrigo



Giornalista, è Presidente di “Erasmo – Associazione per le politiche europee”; docente a contratto presso l’Università di Messina, svolge il dottorato di ricerca in diritto dell’Unione Europea presso il Dipartimento di Scienze Politiche. È stato Direttore generale dell’Agenzia Nazionale per i Giovani ed ha fondato e guidato per sette anni Anci Giovani, oltre che componente dell’Ufficio di presidenza nazionale di Anci. Ha già pubblicato con Marsilio (“Lezioni per la democrazia” con Luciano Violante nel 2012 e “l’Italia Cambiata dai ragazzini” con la presentazione di Graziano Delrio nel 2013), con Carocci (“Città e nuove generazioni, il futuro dell’Europa” con Pierciro Galeone nel 2015). Ha al suo attivo interventi su riviste scientifiche e collabora con testate giornalistiche. Ha conseguito il master Luiss in Management e Politiche delle Pubbliche Amministrazioni.

Piero David

Schermata 2014-04-23 alle 18.49.38Piero David è ricercatore in Economia Applicata presso l’ISMED-CNR e Ph.D in Economia ed Istituzioni, specializzato in pianificazione territoriale e politiche regionali, in particolare in aree in ritardo di sviluppo. Svolge inoltre attività di consulenza con enti pubblici e società di servizi in qualità di esperto dei processi di sviluppo locale e programmazione territoriale. È autore di numerose pubblicazioni tra le quali: Next Generation EU e PNRR italiano, Analisi, governance e politiche per la ripresa, Rubbettino (2022).



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